INVASE DA BAMBINI E STUDENTI LE CURVE CHIUSE PER RAZZISMO


“Dalla Dante fino a qua/ siam venuti per tifà/ e lo sai perché siam qua/ siamo meglio degli ultrà”. L’autrice è la tredicenne Chiara Moretto, studentessa della media Dante Alighieri. Le curve oggi sono chiuse ai tifosi per razzismo, ma sono aperte a migliaia di bambini e ragazzi. Il posticipo domenicale Juventus-Udinese è stato anticipato per l’occasione alle 18,30 (anche se i diritti tv hanno avuto la meglio sulla prima richiesta di fissare il fischio di inizio alle 15, per evitare il freddo ai piccoli tifosi). Chiara è granata, ma fa poca differenza. Ha registrato il coro e l’ha mandato via What’s Up ai compagni e alla prof, ed è subito piaciuto. «Per me sarà la prima volta allo stadio, sarà una bella occasione per stare con i compagni». 
A SCUOLA DI TIFO  
Le curve dello Juventus Stadium (oltre diecimila posti), chiuse dal giudice sportivo per i cori razzisti contro il Napoli, si riempiranno con il colore e l’allegria dei giovani iscritti alle scuole calcio e, grazie all’impegno di Provveditorato e polizia, anche a tanti studenti. La Juventus, che ha distribuito i biglietti gratuiti, ha organizzato l’animazione e attività di «educazione al tifo» pre partita. I tempi per organizzarsi sono stati risicatissimi, dopo il via libera del Viminale, e diverse scuole non ce l’hanno fatta. Ci saranno elementari e medie: gli istituti Alberti e Nigra, il circolo Baricco, il Convitto Umberto I, la media La Salle di Grugliasco, il circolo didattico D’Azeglio e le scuole Saba, Calamandrei e Palmieri. Tutte svolgono in classe con la polizia percorsi di educazione alla legalità. «In curva ci saremo anche noi ad accogliere i ragazzi» spiega Raffaella Fontana, vicequestore aggiunto e responsabile del Gos, gruppo che si occupa della sicurezza allo stadio. 

IN CURVA ANCHE I GRANATA  
Il record spetta forse alla Dante, che porta allo stadio 500 ragazzi sui 12 mila che saranno coinvolti nel progetto di questi la maggior parte arriva dalle scuole calcio e 1600 dalle scuole statali. «Prima di sapere di questa possibilità, in classe avevamo parlato proprio dei cori razzisti contro il Napoli» dice la professoressa Daniela Berardino. Perciò, anche se insegna musica e non ama il calcio, s’è detta subito disponibile ad accompagnarli con altri insegnanti, a titolo volontario. «Noi docenti crediamo nell’iniziativa e i ragazzi sono entusiasti, anche quelli che tifano altre squadre, o che non tifano affatto». Un po’ come Luca Giavara, di III B, che a una partita preferisce un film e che da grande vuole fare l’attore. «Ci hanno parlato del razzismo territoriale, cioè verso chi ad esempio è del Sud. Secondo me nasce da luoghi comuni, che poi gli esaltati negli stadi usano contro gli avversari». «Tifare vuol dire essere sportivo: se perdi lo accetti» dice Daniele Cantamessa, che tifa Juve (custodisce l’autografo di Chiellini e Cannavaro) ma la sua passione è il ballo caraibico: «Gareggio, ma non odio gli altri ballerini». Alberto Beraudo, invece dei cori razzisti sogna un clima «come quello del rugby che ho visto qualche volta in tv: a fine partita festeggiano tutti insieme». 

RAZZISMO SUL CAMPO  
Il razzismo, oltre che al tg, i giovani lo vivono anche sul campo. «Un mio compagno arrivato quest’anno al Santa Rita è di colore ed è stato preso in giro per la sua pelle durante una partita dai genitori della squadra avversaria – racconta Giacomo Cabiddu, di III H – è stato bruttissimo, lui avrebbe voluto scagliarsi contro di loro, ma io l’ho consolato e aiutato a calmarsi. L’arbitro non ha fatto nulla». Giacomo è tifoso del Toro e allo stadio oggi avrà tutti i gadget, a partire dalla sciarpa: «La mia fede granata non è un problema per gli altri».

Fonte: Corriere.it