MANCINI E DE ROSSI OSPITI ALLO STADIO OLIMPICO

ROMA – A poche ore dalla qualificazione della Nazionale alla Final Four di Nations League,

il Ct azzurro Roberto Mancini e l’assistente tecnico Daniele De Rossi sono stati ospiti del Social Football Summit, evento dedicato all’innovazione e alla digital transformation nella Football Industry in corso allo Stadio Olimpico. Numerosi i temi trattati nel panel moderato dal giornalista Matteo Marani, a cominciare dalla modernizzazione del calcio e della comunicazione sportiva dettate dall’avvento delle nuove tecnologie, dei social e dai big data.

Il dibattito si è poi focalizzato sui recenti risultati della Nazionale italiana, partendo dalla vittoria dell’Europeo dello scorso anno. “Vincere con la Nazionale è la cosa più bella che possa capitare – ha ricordato Mancini, che il 10 ottobre festeggerà i 40 anni dall’esordio con la maglia dell’Under 21, avvenuto nel 1982 -. L’assenza dal Mondiale in Qatar è una ferita ancora aperta, ma ora c’è da capire i nostri errori e aspettare: l’obiettivo è cercare di andare in America nel 2026 e di vincere. Il futuro della Nazionale italiana passa dal dare fiducia ai nostri giovani: non si può pensare che un giovane entri e faccia tutto perfettamente. E questa Nazionale è aperta a tutti, anche a chi in questo momento non ha avuto un comportamento giusto”. L’Italia, intanto, a giugno giocherà le Finals di Nations League: “Le abbiamo meritate – ha concluso Mancini -. Abbiamo battuto l’Inghilterra che potrebbe vincere il Mondiale e anche una squadra forte come l’Ungheria. I ragazzi hanno dato tutto in un momento in cui la condizione non è ottimale”.

De Rossi si è soffermato sulla valorizzazione dei giovani: “Hanno una fortuna gigantesca, quella di avere un allenatore che li guarda e che non ha paura di lanciarli. C’è un po’ meno materia prima rispetto al passato, anche perché si va meno per strada o, come è accaduto a me, in spiaggia a giocare, ma abbiamo trovato quattro o cinque giocatori di grande valore. Raspadori? Lo definisco un ‘giovane gentiluomo’, uno che avrebbe potuto giocare anche alla mia epoca. Sono entrato in un gruppo dove si percepisce la voglia di stare in Nazionale: un gruppo che ha saputo rinascere dalle proprie ceneri, come è accaduto con l’Europeo, che ricordiamo con gioia perché lo abbiamo vinto, ma che ci aveva lasciato grandi sensazioni già prima di Wembley. Siamo stati 50 giorni in bolla senza vedere i parenti e dal punto di vista emozionale è stato forte, ma l’atmosfera era talmente bella che se ci avessero detto di stare altri 10 giorni assieme ci saremmo stati volentieri”.

FONTE: www.figc.it